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Dall’11 maggio al 2 novembre 2025, l’Imago Museum di Pescara accoglie una mostra dedicata al protagonista assoluto del Surrealismo: Salvador Dalí. Al centro dell’esposizione, in forma esclusiva e solitaria, l’eccezionale Couple aux têtes pleines de nuages (1937), opera tra le più rare e suggestive dell’artista catalano.

L’iniziativa, promossa da Imago Museum e Fondazione Pescarabruzzo, prende il via nel giorno del centoventunesimo anniversario della nascita dell’artista e offre al pubblico l’opportunità di ammirare un capolavoro che unisce potenza simbolica e raffinatezza formale. Il dipinto, proveniente dalla collezione della Fondazione Isabella Scelsi, si compone di due pannelli speculari raffiguranti una figura maschile e una femminile, le cui teste, svuotate di ogni tratto, si aprono su cieli nuvolosi: visione emblematica del sogno, della mente e dell’inconscio.

Couple aux têtes pleines de nuages, 1937

Opera enigmatica e visionaria, Couple aux têtes pleines de nuages rappresenta uno degli esiti più emblematici della fase surrealista di Salvador Dalí. Realizzata nel 1937, si compone di due tavole affiancate – quasi un dittico laico – che raffigurano una figura maschile e una femminile con il volto svuotato e sostituito da un cielo limpido, punteggiato di nuvole. I corpi, trattati come sculture classiche e incorniciati secondo una sagoma architettonica ideata dallo stesso artista, si stagliano su un paesaggio desertico, immobile, sospeso.

La composizione trae ispirazione da L’Angélus di Jean-François Millet, dipinto ottocentesco che ossessionò Dalí sin dall’infanzia. Come i contadini di Millet, anche qui i protagonisti si ergono frontalmente, immobili e ieratici, ma svuotati di ogni funzione narrativa o realistica. Le figure, identificate con Dalí e la sua musa Gala, diventano totem del sogno e dell’inconscio, capaci di evocare significati latenti, memorie rimosse e visioni interiori. Le teste aperte al cielo indicano una liberazione dalla razionalità: ciò che definisce l’essere umano non è più il volto, ma lo spazio mentale che si spalanca all’infinito.

Il paesaggio onirico ospita simboli ricorrenti della mitologia daliniana, come la giraffa in fiamme – metafora di un mondo in crisi – e la bambina che salta la corda, figura perturbante che mescola innocenza e minaccia, visione e trauma. L’opera nasce in un momento critico della storia europea, nel pieno della guerra civile spagnola, che alimenta l’intensità psichica e simbolica del linguaggio visivo daliniano.

Questa versione del 1937 dialoga in modo diretto con l’omonima opera realizzata l’anno precedente, oggi conservata al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. Se la versione del 1936 risulta più chiusa nella sua essenzialità compositiva e nell’aderenza al tema angelusiano, l’opera del 1937 espande l’immaginario attraverso una maggiore complessità scenica e simbolica, introducendo nuovi elementi narrativi e rafforzando il legame identitario tra Dalí e Gala. Entrambe condividono la medesima struttura visiva e simbolica – le due figure, le teste-nuvole, la disposizione speculare – ma si differenziano per intensità emotiva e stratificazione iconografica.

La doppia firma “Gala Salvador Dalí” sottolinea il legame simbiotico con la compagna, co-autrice dell’immaginario e garante dell’identità dell’artista. A lungo custodito nella casa romana del musicista e compositore Giacinto Scelsi, raffinato collezionista e sperimentatore sonoro, il dipinto testimonia l’incontro fecondo tra arti visive e ricerca musicale. Oggi, questo capolavoro dialoga con la storia del Surrealismo e con quella generale dell’arte nelle sue scansioni più espressive, nonché con le nostre stesse visioni interiori, sospese “in forma di sogno” per l’eternità.

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