Togni: “Il mio Pescara e quell’sms di Verratti”

Togni: “Il mio Pescara e quell’sms di Verratti”

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Romulo Eugenio Togni non può che portare nel cuore Pescara e il Pescara. In biancazzurro ha vissuto l’apice della carriera – promozione in A e debutto nella massima serie – ma ha vissuto anche momenti difficili. Da epurato ad eroe in una manciata di mesi, prima di salutare a parametro zero più per volontà altrui che sua. Togni infatti sarebbe rimasto per dare il suo contributo alla ricostruzione del Delfino. Non è andata come sperava lui e come avrebbe sperato il popolo biancazzurro, almeno in larga maggioranza, ed ora dopo un anno ad Avellino è sceso di categoria. Gioca nella Spal, i colori sono quasi uguali a quella della sua più importante squadra italiana.

Il brasiliano atipico, Togni, al blog di Gianluca Di Marzio si racconta. Proprio lui, così schivo da non rispondere nemmeno al telefono ai giornalisti. E parla tanto del “suo” Pescara. Partendo da lontano. “Arezzo, stagione 2006-07, la mia prima volta in B. Una realtà che non conoscevo, in panchina c’era Maurizio Sarri: con lui ho giocato pochissimo, ma è quello dal quale ho appreso di più. Dopo è arrivato Conte, un vincente, si capiva subito che avrebbe fatto strada. Come lo ricordo? Una persona seria e corretta, se davi il massimo giocavi, sono cresciuto molto grazie a lui. Nell’intensità fisica e mentale che ci richiedeva negli allenamenti era molto simile a Zeman”.

Già, Zeman. Colui che lo volle a Pescara, proveniente da Sorrento. “A guardarlo metteva quasi soggezione, parlava poco – racconta Togni – però quando lo faceva era di una simpatia unica. Lui, Verratti, Insigne, Immobile: cosa dire, è stata una stagione fantastica, tutto perfetto. Eravamo un gruppo di giovani, il mister pretendeva tanto ma ci siamo proprio divertiti, è stata un campionato magico”. L’anno successivo, la Serie A. “Sono stato fuori rosa i primi due mesi, la società aveva fatto altre scelte, ma dico lo stesso grazie a Stroppa che con me si è sempre comportato benissimo. Poi c’è stato il cambio di allenatore, è arrivato Bergodi, sono stato reintegrato e, per via di tanti infortuni, è arrivata la mia chance”. Sfruttata alla grande, contro un avversario speciale. “Affrontammo la Roma di Zeman, guarda un po’ il destino. Ci incrociammo nel tunnel: ‘Ti hanno rispolverato?!’ mi disse con la solita espressione imperturbabile”.

E contro il Catania, la gioia del primo gol in A. E che gol. “Eravamo in pieno recupero, un calcio di punizione per noi da lontanissimo. L’arbitro mi disse: ‘Ti do 30 secondi per battere, poi fischio’. Mi è andata bene”. Gol e pianto liberatorio. “Ricordo tutti intorno a me ad abbracciarmi, attraversavo un periodo difficile anche nella vita privata ed è stato proprio un pianto di liberazione. Dedicai quel gol ai ragazzi disabili a bordocampo, sono state le persone che mi sono state più vicino nel mio momento difficile: sempre a domandarmi come stavo quando tornavo. Marco Verratti mi ha scritto un messaggio per complimentarsi, non l’ho mai cancellato”. Rapporti che vanno ben oltre il campo di calcio. “Immobile è venuto a trovarmi in albergo a Torino quando con l’Avellino affrontammo la Juve, mi ha fatto davvero tanto piacere”.

Ora è alla Spal. Vuole dare una Spal…lata alla sfortuna per tornare in B. A suon di punizioni magiche.

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