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Il 2014 si era aperto con il retaggio della striscia positiva di 10 gare utili della gestione Marino che si era interrotta nell’ultimo match contro l’Empoli, una sconfitta interna che però ai più non era sembrata un campanello d’allarme. Il mercato di gennaio, tra una telenovela finita male ed altre dal medesimo epilogo, porta in regalo a Marino 8 elementi, ma nessuno decisivo. Aumentano solo gli equivoci e gli scontenti.

Al rientro in campo, il bel Pescara che fu – o che sembrava essere – non c’era più. Cinque sconfitte consecutive, a partire da Castellammare di Stabia contro una Juve derelitta e praticamente già a gennaio condannata ad una retrocessione inevitabile.

A Bari il capolinea di Marino. Ennesima sconfitta ed inevitabile esonero. Era il 22 febbraio, serviva la scossa per raddrizzare la stagione e per puntare ancora in alto. Tempi e modi c’erano, soprattutto in una serie B molto modesta come quella targata 2013-14. La società punta su un sergente di ferro, Serse Cosmi. L’uomo in grado – secondo tutti – di dare una sferzata ad un gruppo appiattitosi sui suoi stessi enigmi.

L’inizio sembra anche promettente, ma è un fuoco di paglia. Il Pescara non decolla, resta zavorrato a terra e ai suoi inconcepibili problemi. Ogni volta che c’era la gara per fare il salto di qualità, si falliva miseramente. Eppure le squadre di vertice procedevano con il freno a mano tirato. Eppure la squadra, pur con le sue innegabili lacune, sembrava poter ambire a qualcosa di più di una misera salvezza raggiunta matematicamente con due giornate d’anticipo.

Congedato Cosmi (che – a suo dire – attende ancora una chiamata della società per il commiato..), si apre il toto – allenatore. Riparte il tormentone Zeman, finalmente libero dal vincolo con la Roma. La piazza non è completamente devota al boemo, l’addio brucia ancora. Ma in buonissima parte i tifosi vorrebbero lo Zeman bis. Ed anche in società l’intento è chiaro, al di là delle smetite. Zeman si, Zeman no, Zeman ni, Zeman boh. Alla fine sarà Zeman no. Il boemo sceglie Cagliari. E sappiamo tutti poi come è andata a finire. Il Pescara non è spiazzato, teneva in caldo alcune alternative. La prima, Marco Giampaolo, sfuma ad un passo dall’altare. Per l’ennesima volta. Evidentemente questo matrimonio non s’ha da fare.

A fine giugno parte l’era Baroni. E’ l’ex condottiero del Lanciano l’uomo deputato a rilanciare il Delfino. Non c’è l’entusiasmo della tifoseria come quando al Porto Turistico venne presentato ZZ, ma le premesse sembrano buone. LA rosa viene rivoluzionata, restano in pochissimi (tra i quali Maniero, Politano, Caprari e Nielsen) e arrivano oltre 20 nuovi giocatori. A scaglioni. Il ritiro è diviso in tre fasi: Rivisondoli, Boario Terme ed Atri. Gli hotel del Pescara sono un via vai di calciatori, ma l’inizio della stagione è ormai prossimo.

In Coppa Italia vengono eliminati Renate e Chievo, ma l’inevitabile dazio viene pagato in campionato: 3 punti nelle prime sei gare. E iniziano i malumori ed i mugugni. Per due volte Baroni è stato sul punto di essere avvicendato, a Bari e Brescia, due volte si è salvato. Ma il suo Pescara non decolla. E’ troppo altalenante e a fine sfida d’Abruzzo con il Lanciano la Curva Nord chiama a rapporto la squadra. Serve la svolta.

Una vera svolta, forse, non c’è (ancora stata), ma l’anno si chiude in crescendo. Grazie alla premiata ditta M2, Melchiorri – Maniero (21 gol in 2), e ad un nuovo assetto tattico, una sola sconfitta nelle ultime 9 gare con sei risultati utili prima del giro di boa consentono di guardare con ottimismo al 2015. Anno nel quale, comunque vada, come i precedenti tutti saranno “fieri ed orgogliosi di essere pescaresi”.

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